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Professori Associati

Domenico Frezza

Ricercatori

Lina Ghibelli

Bianca Gustavino

Laboratorio di Genetica Applicata

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Attività Scientifica

Evoluzione dei Riordinamenti del Cariotipo

Regolazione della trascrizione e maturazione dei linfociti B

Sviluppo di nuovi metodi tramite PCR: per la tracciabilita' di prodotti biologici e per la quantificazione della presenza di DNA di specie diverse nei mangimi animali ed altri prodotti alimentari.

I processi di morte cellulare per apoptosi.



Evoluzione dei Riordinamenti del Cariotipo
(M. Rizzoni, B. Gustavino, S. Minissi, M. Scascitelli)

a) Citogenetica evoluzionistica. Questo filone di ricerca riguarda i fattori che determinano l’espansione e l’accumulo di più riordinamenti cromosomici che causano una sterilità parziale in eterozigosi, per valutarne il possibile ruolo nella speciazione.
Mediante lo studio delle metafasi di spermatociti II di topi con cariotipo ricostruito, eterozigoti per più fusioni centriche (1-4) si è dimostrata, mediante le tecniche di Ibridazione In Situ Fluorescente (FISH) e l’uso di sonde telomeriche, che la frequenza di spermatociti II aneuploidi è più che proporzionale al numero di fusioni centriche in eterozigosi, e che tendono a cosegregare in I divisione meiotica i cromosomi della stessa forma (metacentrici fra loro e acrocentrici fra loro), rendendo così più verosimile un ruolo cladistico a tali riordinamenti cromosomici. Studiando la non-disgiunzione di specifici cromosomi (1, 4, 6 e 14) negli stessi topi eterozigoti per una o più fusioni centriche, mediante le tecniche FISH e l’uso di sonde "painting" di cromosomi specifici, si è esclusa la presenza di interazioni epistatiche, per l’induzione di gameti aneuploidi, fra le diverse fusioni centriche in eterozgosi. Tali ricerche sono state condotte in collaborazione con il dott. F. Spirito del Dipartimento di Genetica e Biologia Molecolare "C. Darwin" dell'Università di Roma "la Sapienza" e la dott. F. Pacchierotti della Divisione di Tossicologia dell'ENEA nell’ambito di un programma di interesse nazionale cofinanziato dal MIUR, in collaborazione con le Università di Roma, la Sapienza, coordinatore nazionale e locale prof. E. Capanna, Dipartimento di Biologia Animale e dell’Uomo,e stanno proseguendo con lo studio degli stessi fenomeni variando il background genetico e cariotipico dei topi eterozigoti.

b) Mutagenesi ambientale. Questo filone di ricerche riguarda l'uso del test dei micronuclei per studiare l'inquinamento da agenti mutageni di corpi d'acqua, in particolare in relazione alla disinfezione delle acque di superficie per la loro potabilizzazione, tenendo conto della capacità del test dei micronuclei di mettere in evidenza effetti clastogeni ed aneugeni..
Il test dei micronuclei in emazie circolanti di Cyprinus carpio e in apici radicali di Vicia faba è stato utilizzato per valutare la formazione di composti genotossici derivanti dalla disinfezione delle acque superficiali destinate al consumo umano, effettuando la sperimentazione in un impianto pilota presso l’impianto di potabilizzazione del Comune di Castiglione del Lago (PG) che viene approvvigionato da acque superficiali (Lago Trasimeno) con concentrazioni molto elevate di carbonio organico totale e di bromuri, potenzialmente capaci di formare sottoprodotti mutageni reagendo con i disinfettanti (NaClO, ClO2 e CH3-COOOH). Tali ricerche sono state condotte in collaborazione con il prof. S. Cataudella, com il dott. Pancioni e con la dott. M. Monfrinotti del Laboratorio di Ecologia Sperimentale e Acquacultura di questo Dipartimento nell’ambito di un programma di interesse nazionale cofinanziato dal MURST, in collaborazione con le Università di Brescia, coordinatore nazionale e locale prof. S. Monarca, Università di Parma, coordinatore prof. C. Rossi, Università di Milano, coordinatore prof. L. Marabini, Università di Bologna, coordinatore G. Cantelli Forti). È risultato che le acque del lago Trasimeno disinfettate con NaClO e ClO2 manifestano un leggero ma non trascurabile effetto genotossico Successivamente tali ricerche si sono sviluppate, con le stesse collaborazioni, indagando con il test dei micronuclei in emazie circolanti di Cyprinus carpio e in apici radicali di Vicia faba l’effetto genotossico delle acque condottate in diverse città italiane e di trattamenti in laboratorio di soluzioni di acidi umici commerciali addizionati con gli stessi disinfettanti.

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Regolazione della trascrizione e maturazione dei linfociti B
(Domenico Frezza)

Stiamo sviluppando una ricerca sul ruolo del polimorfismo dell’enhancer HS1,2 nella maturazione e trascrizione delle immunoglobuline dei linfociti B umani.
Abbiamo utilizzato vari approcci per studiare le funzioni dei polimorfismi della regione regolativa della catena pesante delle immunoglobuline (Ig) in relazione con la maturazione e trascrizione delle immunoglobuline.
Approccio strutturale: Abbiamo analizzato la regione regolativa delle immunoglobuline clonando e sequenziando da alcune centinaia di genomi i polimorfismi presenti in questa regione per poterli definire. Questo studio ci ha permesso di identificare in maniera precisa ed esaustiva come si sia trasformata la regione regolativa duplicata al 3’ dei quattro geni delle catene pesanti.
Una copia dell’ enhancer HS1,2 è presente in ognuna delle due regioni di controllo a valle dei due “clusters” duplicati dei geni costanti delle Ig. Le due regioni regolative sono praticamente identiche derivate dalla duplicazione dell’intero cluster e costituite da tre enhancers di cui solo quello centrale HS1,2 è polimorfico. La regione regolativa che sta al 3’ del cluster dei quattro geni ?1, ? 3, ?? ed ?1, contiene una copia dell’enhancer HS1,2 polimorfica con una variabilità notevole delle frequenze dei 4 alleli identificati nelle undici popolazioni studiate. Invece la regione a valle del cluster contenente i geni ?4, ?2, ? ed ?2 contiene una copia di HS1,2 estremamente poco variabile nella frequenza dei due alleli identificati per questo locus. Le forme polimorfiche dei 4 alleli sono costituite da elementi di 38 paia di basi ripetute da una a quattro volte e che contengono delle “consensus” per alcuni fattori di trascrizione. In vitro alcuni di questi fattori sono stati identificati. In alcuni casi i vari fattori cooperano dando origine ad alcuni complessi che legano specificamente queste sequenze di DNA.
Gli altri due enhancers che completano queste due regioni regolative chiamate IgH3’EC (Immunoglobulin heavy chain 3’ enhancer complex) non sono polimorfici, però hanno una funzione sinergica molto importante. Questi due enhancer ai lati di HS1,2 sono anch’essi omologhi a quelli del topo e del ratto e si chiamano HS3 ed HS4. HS sta per hyper-sensitivity to DNAse I che è l’enzima usato per fare il saggio per identificare gli enhancers nel genoma.
Lo studio dei polimorfismi e della struttura nei primati (in collaborazione con i Dott. M.Cristina Riviello CNR e Dott. Klaus Fredrick, fondazione Bioparco di Roma) ci è servita per studiare quale fosse il gene ancestrale e come eventualmente le differenti strutture possano influenzare la funzione con le variazioni delle sequenze “consensus” per i fattori di trascrizione. Lo studio della distribuzione degli alleli in collaborazione con i Prof. Olga Rickards e Cristina Martinez-Labarga del gruppo di Antropologia Molecolare di questo Dipartimento, è stato sviluppato su un gruppo di undici popolazioni umane dei continenti del vecchio mondo per stabilire la presenza di eventuali clini. E’ risultato che gli alleli di HS1,2 sono altamente utili come marcatori antropogenetici.
Approccio funzionale: Gli enhancers che studiamo sono attivi nella fase finale della maturazione dei linfociti B e cioè sia durante la trascrizione sterile dei geni costanti durante lo switch isotipico, sia per la trascrizione a livello di plasma cellule, praticamente da quando l’enhancer al 5’I E? perde attività. Non si conoscono precisamente quali fattori interagiscano con l’enhancer più al 5’ per cui si spenge a favore di quelli al 3’, ma si pensa che il meccanismo dipenda dalla regolazione sia dei fattori di trascrizione specifici attivanti che da fattori inattivanti come BSAP dopo la fase iniziale.
La scelta di studiare la correlazione delle frequenze alleliche di HS1,2 in patologie di tipo immunologico nasce dalla possibilità di individuare dei meccanismi alterati nelle patologie (alcuni già noti od ipotizzati) per vedere se alcuni di questi influenzano l’attivazione di quei fattori di trascrizione essenziali temporalmente e quantitativamente per il corretto funzionamento dell’enhancer con i suoi diversi alleli. La possibilità di adottare nuove tecniche di studio di tipo olistico come l’analisi del trascrittoma con “microarrays” apre nuove strade sopratutto per poter studiare la contemporaneità di interazione di molti fattori proteici. In questo modello abbiamo interleukine, recettori, fattori di trascrizione e cofattori che interagiscono per la maturazione dei linfociti B anche tramite la regolazione dei fattori di trascrizione che devono legare l’enhancer HS1,2 per la produzione delle Ig .
Attualmente abbiamo in programma di studiare con “microarrays” la variazione del trascrittoma in cellule B normali e patologiche con stimolazione utilizzando cellule in omozigosi per gli alleli di HS1,2 (collaborazione con il Dott. Mario Pescatori, Progetto Telethon c/o Università Cattolica di Roma e con il gruppo del Prof. Vittorio Colizzi di questo Dipartimento).
Fino ad ora abbiamo osservato una significativa correlazione della variazione della frequenza dei 4 alleli di HS1,2-A (situato al 3’ di alfa-1) in almeno tre patologie (celiachia/dermatite erpetiforme, sclerosi sistemica, sindrome di Crohn), mentre un gruppo francese ha trovato l’aumento della frequenza dello stesso allele nella nefropatia di Berger (collaborazioni con la clinica di Gastroenterologia di Tor Vergata, Prof. Franco Pallone e Prof. Livia Biancone).
Insieme al gruppo del Prof. Gianfranco Ferraccioli (clinica Reumatologica della Università Cattolica di Roma) stiamo studiando sia la sclerosi sitemica che la LES ed AR. Con il Prof. Franco Pandolfi (Immunologia molecolare della Università cattolica di Roma) e Plebani (Immunologia della Università di Brescia) stiamo analizzando la deplezione di IgA ed altre possibili immunoalterazioni.
In collaborazione con la clinica Psichiatrica di TorVergata (Prof. M.Rubino e A.Siracusano) stiamo studiando le immunoalterazioni dei pazienti affetti da Schizofrenia. In collaborazioni con i Prof. G.Federici e R. Massoud di Biochimica clinica del policlinico di Tor Vergata stiamo studiando le alterazioni di produzione di immunoglobuline nella popolazione del centro Italia.

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Sviluppo di nuovi metodi tramite PCR: per la tracciabilita' di prodotti biologici e per la quantificazione della presenza di DNA di specie diverse nei mangimi animali ed altri prodotti alimentari.
(D. Frezza)

a) Il problema della tracciabilita' dei prodotti biologici sta diventando sempre piu' cogente, stiamo sviluppando dei metodi piu' rapidi ed adeguati per l'estrazione del DNA da vari tessuti animali (compreso da pelo di mammifero) su cui fare il test dei microsatelliti per il riconoscimento su base molecolare degli animali. Abbiamo applicato a campioni di DNA estratti da diversi tessuti il test per il riconoscimento di microsatelliti polimorfici bovini, per verificare la ripetibilita' ed affidabilità del test.
b) La sicurezza dei mangimi per gli animali da allevamento e' diventata essenziale dopo la grave epidemia di BSE. Stiamo sviluppando dei nuovi tests qualitativi e quantitativi tramite PCR per la determinazione della presenza nei mangimi di tessuto di bovini, ruminanti, mammiferi e vertebrati. Questi tests sono stati messi a punto per l'amplificazione di frammenti di DNA mitocondriale in quanto piu' abbondante nei tessuti e rilevabile anche dopo i trattamenti termici richiesti dalle normative europee. In collaborazione con il Dipartimento di Veterinaria dell’Istituto superiore di Sanità (Dott. G.Vaccari, B.Chiappini, GF.Brambilla) abbiamo sviluppato un metodo quantitativo competitivo per misurare la presenza di materiale bovino in mangimi animali di vario tipo. Questi risultati sono stati ottenuti con il finanziamento del progetto Europeo STRATFEED. Il progetto in collaborazione con gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali di Brescia (Dott. E.Faggionato, N.Losio) e di Roma (Dott. L.Lanni, S.Saccares) ed il Prof. Paolo Ajmone Marsan (Istituto di Zootecnia, Università cattolica di Piacenza) finanziato con i fondi del Ministero della Sanità Ricerca Corrente 2002-2003, ci ha permesso di sviluppare i primers per poter amplificare tramite PCR real-time Light-Cycler 6 diverse specie di mammifero ed un numero ampio di specie ittiche e vegetali (primers universali). Questo nuovo metodo quantitativo oltre ad essere particolarmente rapido e sensibile permette un’analisi ancora più efficace di una PCR classica per la presenza di una sonda fluorescente che aumenta la specificità dell’analisi determinando la rivelazione solamente dei frammenti che contengono questa terza sequenza specifica.

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I processi di morte cellulare per apoptosi
( S. Coppola, , M. De Nicola, L. Ghibelli)

a) Meccansimi intrinseci
Stiamo studiando la trasduzione del segnale apoptotico in modelli di linee cellulari, con lo scopo di capire le connessioni tra i vari eventi che hano luogo durante la propagazione del segnale apoptotico intracellulare innescato da agenti danneggianti. Il nostro approccio e’ quello di risalire dall’osservazione fenomenologica e morfologica, indietro fino a chiarire i meccanismi biochimico/molecolari che li causano. Negli anni in esame, abbiamo chiarito alcune correlazioni finora non note, tra differenti eventi intracellulari del processo di segnalazione apoptotica, concentrandoci in partiucolare su flussi di Ca2+; modulazioni redox,vescicolazione nucleare; modificazioni post-traduzionali per ADP-ribosilazione; fenomeni proteolitici.

b) Ruolo del processo di apoptosi in patologia e sue implicazioni
Abbiamo portato avanti dei discorsi con ricaduta medico-applicativa. Due di tali studi consistono nell'analisi della frequenza di apoptosi tra i leucociti periferici del sangue in certe particolari circostanze, analisi complementata con la ricerca dei fattori responsabili di tale evento. Nel primo, abbiamo osservato che nelle sacche di sangue conservate per la trasfusione, tra i linfociti residui presenti nella componente eritrocitaria, si verifica un accumulo di apoptosi con contemporaneo aumento dei livelli di alcune citochine. Nell'altro studio, abbiamo osservato un abnorme numero di cellule apoptotiche tra i leucociti del sangue di pazienti nefropatici sottoposti ad emodialisi, dovuto ad un fattore capace di indurre apoptosi redox-modulata in sistemi reporter.
Per quanto riguarda l’AIDS, abbiamo analizzato il ruolo dell’apoptosi nei macrofagi umani infettati dal virus HIV. Inoltre, stiamo analizzando il possibile ruolo antiapoptotico di alcuni dei farmaci antiretrovirali in uso nelle “highly active therapies” [paper submitted].
Abbiamo inoltre affrontato il ruolo dell’apoptosi nel contribuire al turnover cellulare delle cellule di muscolo liscio dell’aorta, con lo sopo di identificare possibili interventi terapeuci atti a prevenire/contenere l’ipertensione arteriosa [paper submitted].
Infine, stiamo analizzando il meccanismo di induzione di apoptosi da parte di un fattore di natura proteica prodotto da macrofagi con uno spiccata preferenza di azione verso cellule tumorali. Abbiamo isolato un peptide di 7.4 Kd, che mantiene completa attivita’ citocida

c) L’esposizione a campi elettro-magnetici inibisce l’apoptosi: e’ questo il meccanismo attraverso il quale l’esposizione a campi magnetici aumenta la frequenza di tumori?
Un nuovo filone delle nostre ricerche ci ha permesso di osservare e dimostrare che la presenza di campi magnetici fortemente riduce l'entita' di apoptosi indotta da trattamenti danneggianti su culture di cellule di vario tipo.
Il meccanismo con cui i campi magnetici riducono l'apoptosi e' l'aumento di particolari flussi dello ione Ca2+ (flussi cosiddetti capacitativi) attraverso la membrana plasmatica. La riduzione di apoptosi e' accompagnata da un aumento della clonogenicita'; quindi, i campi magnetici aumentano la sopravvivenza di cellule danneggiate, possibilmente mutate. Il lavoro che descrive tali risultati, fornisce la prima possibile spiegazione agli studi epidemiologici secondo i quali l'esposizione a campi magnetici aumenta la frequenza di alcuni tipi di tumori. Stiamo ora indagando sui possibili meccanismi alla base degli effetti descritti, e sulle possibili relazioni tra gli eventi cellulari da noi osservati e i fenomeni di aumento di patologie neoplastiche a seguito di esposizione a campi magnetici descritti dagli epidemiologi.

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