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Professori Ordinari

Maria Teresa Carrì

Maria Rosa Ciriolo

Alessandro Desideri

Mario Lo Bello

Giuseppe Rotilio

Professori Associati

Andrea Battistoni

Mattia Falconi

Jens Zancho Pedersen

Luisa Rossi

Ricercatori

Giuseppe Filomeni

Anna Paola Mazzetti

Antonella Ragnini

Blasco Morozzo Della Rocca

Laboratorio di Biochimica

Link esterni al Dipartimento di Biologia:
Laboratory of Neurochemistry
Structural Biology Group

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Attività Scientifica

Stress Ossidativo Mediato dall'Alterazione dell'Omeostasi del Rame in modelli di Neurodegenerazione

Meccanismi Biochimici di Nuove Funzioni Biologiche del Glutatione

Stress Ossidativo e trasduzione del segnale

Superossido Dismutasi a Rame e Zinco e Virulenza Batterica

Proprietà Strutturali e Funzionali di Superossido Dismutasi a Rame e Zinco Batteriche

Meccanismi di acquisizione dello zinco nei batteri Gram-negativi

Caratterizzazione del macchinario proteico richiesto per il trasporto polarizzato degli organelli e vescicole secretorie negli eucarioti

Caratterizzazione strutturale e funzionale di una nuova classe di catene leggere della miosina simili alla calmodulina ma incapaci di legare calcio.

Studio del meccanismo di azione dei farmaci anti-tumorali basati sulla inibizione delle preniltrasferasi utilizzando tecniche di screening di espressione genica a livello gnomico.

Meccanismi biochimici della citotossicità dei radicali liberi.

Laboratorio di risonanza paramagnetica elettronica (EPR)

Studio del meccanismo di interazione dei farmaci antitumorali derivati dalla camptotecina con il complesso dna-topoisomerasi I.

Studio strutturale funzionale di trasportatori mitocondriali

Simulazione e modellistica molecolare

Ingegneria proteica della GST P1-1 mediante mutagenesi sito-specifica, cristallografia e studi di calorimetria

Interazioni in vitro tra donatori di ossido nitrico e enzimi detossificanti

Gli enzimi come modello evolutivo



Stress Ossidativo Mediato dall'Alterazione dell'Omeostasi del Rame in modelli di Neurodegenerazione
(G. Rotilio, M. R. Ciriolo, L. Rossi, M.T. Carrì, M. F. Lombardo, K. Aquilano, F. Celsi , A, Casciati, in collaborazione con A. Ferri, R., Ist. Neuroscienze, CNR)

Lo stress ossidativo, associato ad alterazioni dell'omeostasi del metallo di transizione rame, è implicato nell'insorgenza di patologie neurodegenerative quali le malattie di Menkes e di Wilson, la sclerosi laterale amiotrofica e la malattia di Alzheimer. Al fine di identificare i meccanismi alla base di queste implicazioni abbiamo studiato modelli cellulari di origine neuronale con alterata omeostasi del rame (cellule di neuroblastoma SH-SY5Y con bassi livelli del metallo indotti mediante trattamento con chelanti di rame o con aumento dei livelli intracellulari per esposione ad elevate concentrazioni del metallo presenti nel terreno di coltura), assimilabili alle malattie di Menkes e Wilson rispettivamente. I risultati ottenuti permettono di ipotizzare che il danno alla funzionalità mitocondriale sia una caratteristica comune in entrambe queste patologie. In studi mirati all'identificazione di marcatori periferici e precoci della malattia di Alzheimer (svolti in collaborazione con il Dipartimento di Neuroscienze dell'Ospedale Fatebenefratelli dell'Isola Tiberina, Roma) è stato evidenziato, nel siero di pazienti affetti dalla malattia di Alzheimer, l'aumento dei livelli sierici del rame, di lipoperossidi ed idroperossidi e una contemporanea diminuzione della capacità antiossidante, mentre negli eritrociti è stata anche osservato un aumento dell'attività del cupro-enzima superossido dismutasi. Questi risultati consentono di concludere che: i) nell'Alzheimer, anche a livello sistemico, esiste un'alterazione del metabolismo del rame con associato stress ossidativo; ii) i livelli di rame e della superossido dismutasi potrebbero costituire dei marcatori periferici per la malattia di Alzheimer; iii) molecole capaci di controllare la reattività e i livelli di rame possono pertanto costituire una terapia innovativa del morbo di Alzheimer. Il ruolo dello stress ossidativo prodotto dall'attività redox del rame nell'induzione di processi neurodegenerativi è stato evidenziato anche in modelli cellulari del morbo di Alzheimer, quali cellule neuronali umane trattate con peptide Abeta 1-42. In questo modello, l'uso di chelanti del rame o di estrogeni e/o la sovraespressione di superossido dismutasi è risultato efficace nell'impedire l'innesco del pathway di morte apoptotica. Per quanto riguarda la sclerosi laterale amiotrofica abbiamo dimostrato che le mutazioni dell'enzima antiossidante Cu,Zn superossido dismutasi osservate in pazienti affetti dalla forma familiare di questa malattia inducono in questo enzima una alterazione delle chimica del rame, che causa la comparsa di una funzione pro-ossidante in un enzima tipicamente anti-ossidante. In particolare, sono stati studiati gli effetti dell'espressione di alcuni mutanti dell'enzima superossido dismutasi associati alla sclerosi laterale amiotrofica in un sistema modello rappresentato da cellule di neuroblastoma umano co-coltivate con cellule di glioblastoma umano. Abbiamo dimostrato che entrambi i tipi cellulari contribuiscono all'instaurarsi del processo patologico, a seguito di un dialogo molecolare di cui sono mediatori ossido nitrico e citochine; in questo contesto le cellule gliali vengono attivate ad esprimere marcatori di processi neuroinfiammatori e le cellule neuronali intraprendono la cascata apoptotica mitocondrio-dipendente. Questi processi derivano dalla attivazione di specifici fattori di trascrizione sensibili allo stress ossidativo (ad es. NF-kappaB) e dalla modulazione di sistemi intracellulare di fosforilazione (ad. es. calcineurina). Sono stati studiati gli effetti delle mutazioni della superossido dismutasi nella produzione di specie radicaliche connesse anche con l'espressione e l'attività dell'ossido nitrico sintasi, dimostrando che l'overespressione delle forme mutate produce l'inibizione della trascrizione e attività dell'ossido nitrico sintasi.

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Meccanismi Biochimici di Nuove Funzioni Biologiche del Glutatione
(M.R. Ciriolo, G. Rotilio, G. Filomeni, K.Aquilano).

Il glutatione, fondamentale costituente della difesa antiossidante e cofattore di enzimi, è implicato in numerose funzioni all'interno della cellula. Dallo studio di variazioni del glutatione in varie condizioni fisio-patologiche è stato possibile proporre nuovi ruoli per questo tripeptide: a) regolazione ossidoriduttiva della replicazione virale; b) modulazione dello stato ossidoriduttivo intracellulare mediato da trasduttori di membrana; c) intervento nei processi apoptotici.

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Stress Ossidativo e trasduzione del segnale.
(M.R. Ciriolo, G. Filomeni, G. Rotilio)

Lo stress ossidativo, dovuto sia ad un aumento di specie ossidanti sia ad una diminuzione di antiossidanti, sembra indispensabile nella regolazione di numerosi processi cellulari correlati alla proliferazione, differenziamento e morte. Infatti, numerose chinasi e fattori di trascrizione sono regolati da processi redox. Nell’ambito di questa linea di ricerca si sono studiati gli effetti della modulazione dello stato redox, in diversi modelli sperimentali, ottenuta mediante: alterazione di specifiche proteine di membrana; modulazione del glutatione intracellulare; trattamento con sostanze ad azione ossidoriduttiva. Lo scopo principale è stato quello di identificare i meccanismi molecolari redox-dipendenti di induzione alla morte cellulare programmata con l’intento di delineare efficaci terapie antineoplastiche

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Superossido Dismutasi a Rame e Zinco e Virulenza Batterica
(A. Battistoni, F. Pacello, M. D'Orazio, S. Ammendola, G. Rotilio)

Allo scopo di uccidere i batteri invasivi, i neutrofili e altre cellule specializzate producono attivamente specie reattive dell'ossigeno in un processo che è innescato dalla riduzione monoelettronica dell'ossigeno molecolare a superossido da parte del complesso dell'NADPH ossidasi. Numerosi batteri patogeni possiedono geni sodC, che codificano l'enzima antiossidante extracitoplasmatico Cu,Zn superossido dismutasi (Cu,ZnSOD). Si ritiene che la Cu,ZnSOD possa proteggere i batteri dai radicali dell'ossigeno prodotti dai fagociti, facilitando così la sopravvivenza batterica all'interno dell'ospite. Nel nostro laboratorio stiamo analizzando il contributo dei geni sodC alla patogenicità dei batteri appartenenti al genere Salmonella. Numerosi tra i ceppi più virulenti di Salmonella enterica possiedono due geni codificanti per l'enzima Cu,Zn superossido dismutasi, sodC1 e sodC2, localizzati, rispettivamente, su un profago lambdoide e sul cromosoma. Per comprendere il ruolo di sodC1 e sodC2 è stata studiata la loro espressione in vitro e nel corso dell'infezione ed il loro contributo alla proliferazione batterica in topi infettati per via intraperitoneale con differenti ceppi di Salmonella appartenenti ai sierotipi Typhimurium, Enteritidis e Choleraesuis. I nostri risultati evidenziano l'importanza dei geni sodC nelle infezioni da Salmonella spp e suggeriscono che il contributo relativo dei geni sodC1 e sodC2 nell'interazione ospite-patogeno possa variare nei diversi sierotipi e/o in diversi ceppi di Salmonella.

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Proprietà Strutturali e Funzionali di Superossido Dismutasi a Rame e Zinco Batteriche
(A. Battistoni, F. Pacello, M. D'Orazio, J.Z. Pedersen, G. Rotilio)

La scoperta che la superossido dismutasi a rame e zinco (Cu,Zn SOD) è capace di modulare la virulenza batterica ha suggerito che questa proteina possa rappresentare un bersaglio per nuove strategie antimicrobiche e ha stimolato studi sulle sue proprietà molecolari. Rispetto agli enzimi eucariotici della stessa classe, le Cu,ZnSOD batteriche mostrano significative differenze nell'organizzazione della regione del sito attivo, che è molto più accessibile al solvente, e nella struttura quaternaria. Inoltre, mentre tutte le Cu,ZnSOD eucariotiche si conformano ad un unico e strettamente conservato modello strutturale, le Cu,ZnSOD batteriche mostrano una più grande divergenza che fa si che molte varianti esibiscano proprietà uniche. A questo proposito, una interessante variante che abbiamo recentemente caratterizato è la superossido dismutasi codificata dal gene sodC di Mycobacterium tuberculosis (MtSOD), un enzima associato alle membrane che riveste un ruolo importante nella sopravvivenza dei micobatteri all'interno dei macrofagi. La struttura tridimensionale della MtSOD mostra che, a causa di importanti riarrangiamenti nell'ansa di legame dello zinco, l'enzima non contiene zinco, un cofattore che ha un importante ruolo strutturale e funzionale in tutte le Cu,ZnSOD note. Ciononostante la MtSOD ha un'attività catalitica molto elevata e la sua stabilità strutturale è assicurata da una lunga e rigida ansa all'interfaccia del dimero. Poichè i micobatteri risiedono all'interno di fagosomi dove vi è una forte competizione per il legame dei metalli di transizione tra l'ospite ed il batterio, è probabile che i riarrangiamenti strutturali osservati nella MtSOD siano necessari per costruire una CuSOD pienamente stabile ed attiva in assenza di zinco.

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Meccanismi di acquisizione dello zinco nei batteri Gram-negativi
(A. Battistoni, G. Berducci, S. Ammendola, A.P Mazzetti, G. Rotilio)

Lo zinco è un cofattore essenziale di un gran numero di proteine dove svolge funzioni catalitiche e/o strutturali. Conseguentemente, tutti gli organismi hanno sviluppato meccanismi per ottenere adeguati quantitativi di zinco ed evitare l'accumulo, potenzialmente tossico, di tale elemento all'interno delle cellule. La capacità di molti batteri di sopravvivere e moltiplicarsi in ambienti poveri di zinco è criticamente dipendente dall'attivazione del sistema di importo ad alta affinità per la zinco ZnuABC. Questo sistema, omologo ad altri membri della famiglia dei trasportatori ABC (ATP-binding cassette), è costituito da tre proteine: ZnuB, una proteina integrale di membrana, ZnuC, la componente ATPasica del trasportatore, e ZnuA, una proteina solubile periplasmatica che cattura lo zinco in questo comparto cellulare e lo cede successivamente al componente transmembrana del trasportatore. Abbiamo dimostrato che, in batteri cresciuti in terreni privi di zinco, la proteina ZnuA è in grado di sequestrare tutto; lo zinco presente nello spazio periplasmatico, prevenendo così il suo legame da parte di altre zinco-proteine, tra cui la Cu,ZnSOD.

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Caratterizzazione del macchinario proteico richiesto per il trasporto polarizzato degli organelli e vescicole secretorie negli eucarioti
(P. Bielli, E. Caroli Casavola, C. Capo, A. Ragnini-Wilson in collaborazione con R. Schweyen Univ. di Vienna-Austria, M. Picardo, Ospedale San Gallicano-Roma, A. Urbani Univ. di Chieti )

Una corretta crescita e divisione cellulare richiedono che i vari costituenti e organelli cellulari siano diretti verso punti ben definiti della cellula seguendo una sequenza di eventi spazio-temporale che è determinata dall'organizzazione del citoscheletro durante il progredire del ciclo cellulare. Recenti studi hanno dimostrato che i difetti nell'ancoraggio e trasporto spazio/temporale delle vescicole secretorie o degli organelli intracellulari sono alla base di malattie genetiche ereditarie caratterizzate da ipopigmentazione della pelle/capelli associati o meno a difetti neurologici o immunitari quali la sindrome di Griscelli, Hermansky-Pudlak, Chediak-Higashi e Chorideraemia. Abbiamo utilizzato il lievito del pane Saccharomyces cerevisiae come sistema modello eucariotico nel quale caratterizzare il macchinario di base che, all'uscita dal Trans Golgi Network (TGN), permette la formazione ed il trasporto delle vescicole secretorie verso i siti di crescita. Abbiamo dimostrato che l'ancoraggio delle vescicole secretorie ai motori molecolari avviene tramite la formazione di un complesso tra piccole GTPasi simili a Ras, le Rab/Ypt, e la classe V delle miosine (Wagner et al., 2002). Questo meccanismo è stato dimostrato essere conservato dal lievito all'uomo. Inoltre abbiamo individuato nella proteina Mlc1p uno dei fattori regolatori della formazione/dissociazione di questo complesso e isolato nuovi componenti di questo complesso (Bielli et al., in preparazione) . Questo progetto è sostenuto dalla Fondazione Telethon (2002-2006).

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Caratterizzazione strutturale e funzionale di una nuova classe di catene leggere della miosina simili alla calmodulina ma incapaci di legare calcio
(P.Bielli, A.Ragnini-Wilson in collaborazione con M. Paci e, D.O.Cicero Dip. Chimica Univ. Tor Vergata)

Lo scopo di questo progetto è di caratterizzare utilizzando, mutagenesi e tecniche di NMR la struttura della proteina Mlc1p di Saccharomyces cerevisiae quando associata ai motivi IQ. Mlc1p appartiene alla superfamiglia delle calmoduline ma al contrario di esse non lega calcio. Ad oggi se ne conosce solo un omologo nel lievito a fissione Schizosaccharomyces pombe , la proteina Cdc4. Tuttavia il ruolo essenziale e conservato che entrambe queste proteine svolgono durante la citochinesi, il tipo di interattori sui quali agiscono, anch'essi evolutivamente conservati, fanno ritenere che questa classe di catene leggere incapaci di legare calcio rappresentino una nuova classe di regolatori intracellulari simili alla calmodulina ma che rispondono a stimoli diversi dal calcio. Mutagenesi sito diretta è stata effettuata su tutta la proteina Mlc1p e le proteine wt e i mutanti sono stati analizzati fenotipicamente e biochimicamente per la loro capacità di interagire con la proteina Myo2p e clonati in vettori dio espressione. La struttura NMR della proteina Mlc1 wt è stata risolta (Melino et al., in press) in presenza di ciascuno degli IQ motifs della miosina di class V Myo2. I risultati indicano la capacità di Mlc1p di assumere conformazioni aperte o chiuse con le quali può contatare uno o piu dei suoi target molecolari. Il cambiamento conformazionale è indotto dal tipo di IQ motifs al quale si lega e possibilmente da fosforilazione in residui conservati al suo sito N-terminale (Cicero D.O. et al., in preparazione).

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Studio del meccanismo di azione dei farmaci anti-tumorali basati sulla inibizione delle preniltrasferasi utilizzando tecniche di screening di espressione genica a livello gnomico.
(G. Porcu, A. Ragnini)

Gli inibitori delle farnesil transferasi I (FTase I) e geranilgeranil transferasi I (GGTase I), sono agenti antimicrobici con potente azione antitumorale, correlata a scarsa tossicità e buona tollerabilità nell'assunzione. Sebbene inizialmente ideati per bloccare la prenilazione delle forme oncogeniche di Ras, gli FTI e GGTI si sono dimostrati efficaci anche sulla inibizione della crescita di tumori in cui le forme oncogeniche di Ras non erano alla base dello sviluppo maligno. I risultati dei test clinici, attualmente in fase III, hanno mostrato che c'è ancora molto da capire sul meccanismo con cui FTI e GTI agiscono a livello molecolare per poterli utilizzare su vasta scala: loro meccahnismo d'azione non è chiaro e potrebbero agire su target diversi in diversi tipi di tumori. Questo progetto finanziato dal MIUR- progetto genomica funzionale (2003-2005) , utilizzando il modello genetico del lievito Saccharomyces cerevisiae e la tecnica dei microarray, intende mappare a livello genomico la risposta trascrizionale a questi inibitori . I dati ottenuti ad oggi indicano che il trattamento c on FTase I inhbitor (calbiochem) causa un cambiamento della risposta trascrizionale principalmente a carico dei geni che sono coinvolti nella segregazione dei cromosomi. Studi biochimici e genetici verrano effetuati per individuare i target principali dell'azione del FTase I inhibitor a livello del ciclo cellulare.

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Meccanismi biochimici della citotossicità dei radicali liberi.
(G. Rotilio, L. Rossi, J.Z. Pedersen).

E' stata studiata la produzione di radicali liberi e le specie reattive dell'ossigeno (ROS) in sistemi-modello di condizioni patologiche o fisiologiche riconducibili a stress ossidativo e nel meccanismo d'azione di xenobiotici. Sono stati identificati i meccanismi di attivazione intracellulare di xenobiotici ad interesse farmacologico (ad esempio molecole a struttura nitrofuranica) mediante la misurazione della formazione di intermedi a struttura radicalica, potenzialmente tossici per le cellule, e tramite l'effetto di inibitori specifici. Per lo studio dei radicali liberi abbiamo utilizzato la spettroscopia di risonanza paramagnetica elettronica (EPR), metodologia non perturbativa, applicata a tessuti e cellule intatti.

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Laboratorio di risonanza paramagnetica elettronica (EPR)
(F. Polizio, J.Z. Pedersen)

All'interno dell'Area di Biochimica è attivo un laboratorio di risonanza paramagnetica elettronica, dedicato allo studio dei metalli paramagnetici, della struttura e della dinamica di metalloproteine e dei radicali liberi. Nell'ultimo triennio sono state studiati in particolare ferro-proteine come citocromi, emoglobina e perossidasi, ed proteine contenenti rame nel sito attivo come superossido dismutasi e amminossidasi. Il lavoro svolto sui radicali liberi include un progetto su nuovi composti antiossidanti sviluppati per l'impiego nella terapia cardiovascolare, ricerca sul metabolismo di farmaci antimicrobici, ed uno studio sul ruolo fisiologico di complessi dinitrosile-ferro. Inoltre, gli studi sulla caratterizzazione della struttura tridimensionale di un trasportatore della membrana mitocondriale, effettuati tramite SDSL (site directed spin labeling), hanno portato alla parziale determinazione della geometria del canale.

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Studio del meccanismo di interazione dei farmaci antitumorali derivati dalla camptotecina con il complesso dna-topoisomerasi I.
( A. Desideri, P. Fiorani, S. Castelli, A. Bruselles)

La topoisomerasi I eucariotica è un enzima che agisce rilassando molecole di DNA superavvolto generate durante la trascrizione e la replicazione. La topoisomerasi I è un enzima di notevole interesse da un punto di vista medico poichè è l'unico target cellulare della camptotecina un alcaloide naturale che blocca rapidamente la sintesi del DNA e RNA. Tuttavia ci sono alcuni singoli mutanti che mostrano resistenza al farmaco. Per alcune di queste mutazioni la resistenza non può facilmente essere spiegata perchè gli aminoacidi c oinvolti sono troppo distanti per contattare il farmaco direttamente . In questo programma di ricerca stiamo effettuando un' indagine sistematica mirata a dare una spiegazione molecolare per la farmacoresistenza mostrata da mutanti che coinvolgono aminoacidi che non sono in diretto contatto con il farmaco, fatto che implica la possibilità di comunicazione tra domini della proteina che sono lontani tra di loro. Il nostro laboratorio ha una grossa esperienza nel settore simulativo e al momento è l'unico nel panorama internazionale che ha affrontato la simulazione di dinamica molecolare del complesso DNA-topoisomerasi I, un approccio che fornisce importanti ed uniche informazioni concernenti le comunicazione a lunga distanza. La comprensione di queste comunicazioni è un importante risultato sia perchè permette di meglio comprendere i meccanismi di funzionamento dell'enzima sia perchè permette lo scviluppo di farmaci più specifici ed efficienti.

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Studio strutturale funzionale di trasportatori mitocondriali
(A. Desideri, B. Morozzo della Rocca, P. Sanchez, M. Falconi, F. Polizio, I. Teglia)

La risoluzione della struttura e funzione di proteine di membrana è uno dei principali obiettivi della biologia della prossima decade e richiede uno sforzo comune che unisca insieme conoscenze diverse come il clonaggio, la purificazione,l a ricostituzione, la caratterizzazione spettroscopica e la modellazione computazionale. Recentemente è stato messo a punto un metodo per la determinazione della struttura dei segmenti transmembrana di una proteina che unisce l' approccio della mutagenesi sito diretta e la spettroscopia EPR che è stato chiamato marcatura di spin sito diretta (SDSL). La spettroscopia EPR è una tecnica che rivela solo il segnale di sostanze paramagnetiche permettendo di seguire il segnale di un singolo atomo delle migliaia di atomi presenti in una proteina. La strategia generale del SDSL consiste nell' introdurre la catena laterale di un nitrossido (lo spin label) tramite modificazione chimica di singole cisteine introdotte selettivamente attraverso mutazioni sito dirette. In questo progetto vogliamo dare un contributo fondamentale alla risoluzione della struttura del trasportatore dell' oxoglutarato iniziando dai segmenti transmembrana II , IV e VI che sono ritenuti avere un ruolo fondamentale nel meccanismo di trasporto. I trasportatori mitocondriali rappresentano un'importante classe di proteine ma, sebbene coinvolti in molte reazioni cruciali, poco è noto al riguardo delle loro proprietà strutturali e dinamiche. I mutanti verranno forniti dal gruppo del professor Palmieri (Università di Bari) mentre la marcatura, la riscostituzione e la spettroscopia EPR e di fluorescenza verrà effettuata nel mio laboratorio.

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Simulazione e modellistica molecolare
(M. Falconi, A. Bruselles, B. Morozzo della Rocca, A. Desideri)

In questo progetto sono state messe a punto metodiche di modellistica e dinamica molecolare classica per lo studio della struttura delle macromolecole. Tali metodiche vengono utilizzate per la modellazione molecolare di enzimi a struttura non nota e per la progettazione di mutazioni puntiformi mirate alla modulazione delle proprieta' strutturali, funzionali e di riconoscimento delle proteine. Gli studi di dinamica molecolare classica sono mirati all'analisi del rapporto struttura-dinamica-funzione, e vengono effettuati su proteine native e su proteine mutate allo scopo di comprenderne le modalità di riconoscimento, di funzionalità e di inibizione spesso legate a caratteristiche dinamiche proprie delle strutture. Attraverso questi studi vengono evidenziate importanti caratteristiche funzionali delle macromolecole che permettono di correlare la flessibilità delle strutture enzimatiche con la loro funzione. I dati sperimentali vengono quindi interpretati utilizzando le informazioni ottenute tramite simulazione di dinamica molecolare classica.

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Ingegneria proteica della GST P1-1 mediante mutagenesi sito-specifica, cristallografia e studi di calorimetria
(M. Lo Bello, G. Ricci, A.M. Caccuri, M. Nuccetelli, in collaborazione con M.W. Parker - Università di Fitzroy – Australia e L. G. Fuentes – Università di Almeria- Spagna)

Una parte di questi studi è stata dedicata alla cosiddetta evoluzione diretta di proteine. Poiché la superfamiglia delle glutatione trasferasi citosoliche (suddivisa in almeno 10 classi) si è evoluta per interagire con parecchie strutture chimiche diverse (composti endogeni e xenobiotici) è possibile ottenere in vitro elevate attività per un dato substrato mediante rimodellamento di alcune parti del sito attivo. Noi abbiamo tentato di spostare la specificità di substrato dalla classe Pi alla classe Alfa, introducendo nella GST P1-1 mutazioni puntiformi e un'estensione C-terminale flessibile, proveniente dalla classe Alpha. I risultati cinetici e cristallografici hanno dimostrato che alcuni residui ed in particolare l'elica C-terminale della GST A1-1 possono essere considerati determinanti strutturali classe-specifici ed hanno validato l'utilità di tale approccio per ingegnerizzare enzimi con nuove funzioni. Un altro aspetto legato al rapporto struttura/funzione di questi enzimi è il ruolo svolto da alcuni residui posizionati all'interfaccia delle due subunità nella stabilizzazione del dimero e/o nell'influenza sull'attività catalitica. A questo riguardo è stato investigato il ruolo della tirosina 49 mutata in fenilalanina mediante studi di calorimetria isotermica e fluorescenza intrinseca.

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Interazioni in vitro tra donatori di ossido nitrico e enzimi detossificanti
(G. Ricci, M. Lo Bello, A.M. Caccuri, M. Nuccetelli, P. Turella, in collaborazione con G. Federici – Dip. di Medicina Interna)

La presente linea di ricerca studia le interazioni in vitro tra donatori di ossido nitrico e enzimi di detossificazione (es. glutatione trasferasi) allo scopo di stabilire se questi enzimi sono coinvolti nel processo di detossificazione e/o immagazzinamento di ossido nitrico. E' stata studiata, in vitro, l'interazione di alcuni donatori di NO (nitrosoglutatione, GSNO e complesso del ferro con dinitrosile e diglutationile, DNDGIC) con la GST P 1- 1. In assenza di GSH, la GST P 1-1 viene nitrosilata con conseguente calo di affinità per questo substrato, ma la sua attività risulta essere in gran parte inalterata, mediante un meccanismo di reattività “half-site”. In presenza di GSH e tracce di Fe essa è invece capace di legare il complesso ternario (GSH-NO-Fe) con un'affinità straordinaria su una singola subunità, mentre l'altra continua a funzionare per la coniugazione del GSH. I risultati, ottenuti dai dati cinetici e di spettroscopia EPR, suggeriscono che la GST P 1-1, mediante comunicazione inter-subunità, potrebbe agire come trasportatore di NO in diverse condizioni cellulari mantenendo la sua originaria attività di enzima detossificante . Questa interazione del DNDGIC è stata studiata e confermata anche nelle altre classi più conosciute (Alfa, Mu e Teta). Il legame forte del complesso su una singola subunità promuove il fenomeno della cooperatività negativa nella seconda. E'interessante osservare che la GST T 2-2, una possibile forma ancestrale delle GST, lega il complesso molto lentamente e con una affinità cento volte più bassa rispetto a quella osservata nelle GST di mammifero. Infine, la GST B 1-1 non è inibita e non lega per niente tale donatore. Tutto ciò ci porta ad ipotizzare che durante l'evoluzione delle GST si è ottimizzata anche l'interazione con i donatori di NO allo scopo di svolgere possibilmente altre funzioni intracellulari.

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Gli enzimi come modello evolutivo
( G. Ricci, A.M. Caccuri, M. Lo Bello, M. Nuccetelli in collaborazione con M.W. Parker - Università di Fitzroy - Australia e Carmine Di Ilio, Università di Chieti)

Le glutatione transferasi sono enzimi ubiquitari presenti sia nelle cellule procariotiche che in quelle eucariotiche. La presenza di molteplici forme isoenzimatiche sia negli organismi più antichi nella scala evolutiva, come in quelli più evoluti e recenti, permette di usare tali enzimi come tracce di un processo evolutivo e di individuare le strategie impiegate per ottimizzare sia il processo di interazione con i substrati che il meccanismo catalitico. Nell'ambito di questi studi di tipo evoluzionistico molecolare, è stata studiata l'isoforma della GST batterica (GST B1-1), considerata la forma più ancestrale, rispetto a quelle di mammifero. Essa possiede una molecola di GSH legata in maniera covalente al sito attivo ed una seconda in maniera non covalente. Quest'ultima interagisce in maniera transitoria al sito attivo, scambiandosi velocemente con la molecola legata covalentemente e subendo la deprotonazione, come già osservato nelle altre GSTs. Nel complesso, questa isoforma si comporta come un enzima intermedio tra un'ossidoriduttasi tiol-disolfuro e un'enzima coniugante il GSH e rappresenta una possibile traccia del cambiamento di funzione avvenuto tra isoforme procariotiche e isoforme eucariotiche.

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