Professori Ordinari
Professori Associati
Ricercatori
Laboratorio di Botanica
Link esterni al Dipartimento di Biologia:
Biology
of Algae Lab
Centro
di Monitoraggio Aerobiologico
Centro
Ricerche Miele
| Pubblicazioni |
Attività Scientifica
Astrobiologia e cianobatteri estremofili.
Biodiversità e meccanismi adattativi di cianobatteri terrestri estremofili.
Biofilms a cianobatteri e microalghe in impianti di depurazione di acque reflue .
Colture in vitro di piante come biofabbrica per la produzione di molecole ad attività antitumorale
Fitodepurazione delle acque da nutrienti, metalli pesanti e farmaci
Piante medicinali africane e piante mellifere
Ricerche sulla biologia riproduttiva e DNA di Iridaceae
Simbiosi tra piante e microrganismi
Stress ossidativo in Microcystis aeruginosa
Struttura e localizzazione di elementi in semi di interesse alimentare
Ricerche floristiche nel Parco Regionale dei Monti Simbruini (Lazio)
Attività didattica e divulgativa nel Parco Regionale dei Monti Simbruini
Il proposito delle ricerche è di caratterizzare le specie fitoplanctoniche che danno luogo a fioriture in bacini naturali e artificiali del centro Italia al fine di monitorare la presenza di specie produttrici di tossine dannose per l’uomo. In particolare, sono oggetto di studio il Lago del Liscione in Molise e il Lago di Albano nel Lazio. In questo secondo bacino, ulteriori indagini sono volte a comprendere se il fattori ‘concentrazione di CO2’ nell’acqua controlli la comparse delle fioriture di cianobatteri e se siano identificabili adattamenti ecofisiologi a esso. Gli obiettivi generali comprendono: l'accertamento dei fattori abiotici che favoriscono la crescita del fitoplancton lacustre; l’identificazione delle specie componenti la frazione microfitoplanctonica e, in particolare, delle specie responsabili delle fioriture; l'identificazione di specie di cianobatteri produttrici di tossine; lo studio delle caratterisiche ecofisiologiche delle specie algali dominanti la comunità fitoplanctonica; l’identificazione di adattamenti ecofisiologici ad alte concentrazioni di CO2 disciolta; l’identificazione di enzimi chiave sensibili al variare della concentrazione di CO2 che possano essere utilizzati per il bio-monitoraggio delle emissioni di CO2 nelle acque del lago; la valutazione del rischio ecologico e sanitario dovuto alla presenza di specie tossiche in grado di rilasciare tali composti nell’acqua e inquinarne le possibilità di utilizzo per uso agrario e potabile.
Cianobatteri appartenenti al genere Chroococcidiopsis sono capaci di vivere in condizioni di estrema carenza idrica, e sono pertanto ritenuti in grado di evitare e/o riparare i danni indotti dalla disidratazione, secondo modalità ancora poco conosciute. Questi microorganismi rappresentano un importante modello per la comprensione del fenomeno dell’anidrobiosi e per l’individuazione di nuove tecnologie per la stabilizzazione di cellule suscettibili alla disidratazione Inoltre questi cianobatteri forniscono un modello di studio per la ricerca di forme di vita passata o presente su altri pianeti, come Marte. Alcune zone dell’Antartide, quali le Valli Secche di McMurdo, dove questo cianobatterio vive colonizzando rocce porose, sono ritenute l’analogo terrestre di Marte. Tali comunità criptoendolitiche sono ritenute rappresentare il limite assoluto di sopravvivenza in ambienti freddi ed aridi del nostro pianeta. Sono stati condotti esperimenti di sopravvivenza di cellule dissecate di un ceppo di Chroococcidiopsis proveniente dal deserto del Negev utilizzando la Mars Simulation Chamber (Kennedy Space Center, FL). Tali esperimenti hanno dimostrato che anche la sopravvivenza di Chroococcidiopsis viene ridotta del 99% dopo un ora di esposizione, essa risulta tuttavia maggiore di quella riportata per altri organismi saggiati fino ad ora. Inoltre, il fatto che la ricopertura di queste cellule con un sottile strato di roccia ha permesso di aumentare significativamente la loro sopravvivenza, risulta rilevante al fine di investigare l’esistenza di forme di vita su Marte in habitat rocciosi. Poiché diverse evidenze sperimentali suggeriscono che Chroococcidiopsis è capace di sopravvivere ad elevate dosi di radiazioni ionizzanti e ultraviolette, sono stati intrapresi degli esperimenti per la caratterizzazione dei meccanismi di riparo dei danni indotti al DNA in questo cianobatterio.
La ricerca si propone, nell’ambito del progetto “Filogenesi e strategie di sopravvivenza di microorganismi fotosintetici estremofili“ cofinanziato dal M.I.U.R., di studiare le specie di cianobatteri terrestri estremofili adattati a condizioni di stress idrico e bassa irradianza. Un primo obiettivo consiste nella caratterizzazione di ceppi del genere Chroococcidiopsis isolati da deserti caldi e freddi e di ceppi di cianobatteri epilitici di ambienti ipogei sia da un punto di vista della filogenesi molecolare che dei meccanismi alla base della loro capacità di sopravvivere alla disidratazione e alla limitazione dell’irradianza. La biodiversità di questi isolati viene valutata attraverso due approcci molecolari: il primo si basa sull’analisi della sequenza dell’RNA 16S e della regione dello spaziatore trascritto (ITS) presente tra il 16S rDNA ed il 23S rDNA. Il secondo approccio permette la valutazione della diversità genetica mediante l’impiego della tecnica di PCR fingerprinting del DNA genomico totale mediante l’impiego di primers derivati da tre tipi di sequenze ripetute: ‘short tandemly repeated repetitive’ (STRR), ‘long tandemly repeated repetitive’ (LTRR) e ‘highly iterated palindrome sequence’ (HIP1). Questa tecnica permette di identificare e tipizzare isolati differenti appartenenti ad una stessa specie, così come fornisce indicazioni sulla presenza delle sequenze ripetute nel genoma, e quindi sulla plasticità genomica di questi cianobatteri, contribuendo alla comprensione dei meccanismi molecolari alla base della capacità di sopravvivere agli stress ambientali. Un secondo obiettivo consiste nella valutazione dell’effetto di variate condizioni sperimentali di stress idrico e irradianza nei ceppi considerati mediante caratterizzazione fenotipica e analisi delle variazioni del corredo pigmentario dei microrganismi e dell’attività fotosintetica nelle diverse condizioni sperimentali. Un terzo obiettivo consiste nel caratterizzare mediante HPLC e dicroismo circolare, la composizione delle diverse frazioni di polisaccaridi capsulari (CPS) estratti dalle colture, e nel valutarne la produzione e le caratteristiche biochimiche in funzione dello stress idrico e della disponibilità di luce.
Il progetto prevede lo studio delle comunità di fototrofi con particolare riferimento a cianobatteri e diatomee, che si sviluppano sulle pareti delle vasche di sedimentazione e disinfezione degli impianti di depurazione di acque reflue al fine di identificare le specie presenti, caratterizzare la struttura e l’ecofisiologia della comunità microbica e valutare la capacità dei singoli taxa di sottrarre nutrienti e tossicanti presenti negli effluenti. Campioni vengono periodicamente prelevati negli impianti di depurazione e prove di crescita, fotosintesi, azotofissazione e accumulo di azoto, fosforo ed elementi tossici, vengono effettuate sui biofilms allo scopo di caratterizzarne l’attività e isolare ceppi utili per trattamenti di fitodepurazione.
La ricerca si propone di studiare la biologia ed ecologia delle microalghe planctoniche agenti di fioriture nelle zone costiere del Lazio con particolare riferimento alle specie di diatomee e dinoflagellati produttrici di tossine in aree dedicate alla balneazione e alla molluschicoltura. Inoltre, vengono sviluppati e applicati immunosensori elettrochimici di nuova concezione per la determinazione e quantificazione delle tossine algali in campioni di fitoplancton e molluschi al fine di mettere a punto metodologie innovative che consentano di accertare la tracciabilità delle ficotossine lungo la catena trofica e attivare sistemi di allarme preventivo per i rischi connessi alla contaminazione delle acque e dei prodotti ittici.
Il progetto è mirato alla prevenzione e monitoraggio dei biofilms a cianobatteri che danneggiano le superfici lapidee negli ipogei romani sviluppando e integrando metodi fisici e biotecnologici intesi a limitare la crescita dei microorganismi su superfici di interesse archeologico e applicando metodi analitici per monitorare e quantificare l’estensione del danno microbico. L’obiettivo pricipale consiste nel comprendere i processi di biotransformazione e biodecadimento della pietra in ipogei romani. e nel valutare l’applicabilità di una doppia strategia (fisica e biotecnologica) di controllo. Obiettivi specifici riguardano: la caratterizzazione geologica, petrologica, idrochimica e fisica dell’ambiente colonizzato da comunità microbiche a cianobatteri e la loro eventuale preferenza per specifiche litologie; nel decrivere l’architettura e il funzionamento dei biofilms formati dai cianobatteri e microrganismi associati su tipi diversi di substrato lapideo; nell’accertare quali siano i principali fattori fisici, chimici e biologici che controllano il processo di colonizzazione; nel determinare e quantificare il danno prodotto; nello sviluppare metodi fisici di controllo e prevenzione della crescita dei biofilms usando lunghezze d’onda poco utilizzate per la fotosintesi; nell’identificare e sperimentare biomolecole che possano potenzialmente inteferire con lo sviluppo dei biofilms a nello sviluppare un metodo di monitoraggio innovativo basato su uno strumento portatile in grado di misurare una serie di parametri biogeochemici sulle superfici a rischio; e, infine, nel verificare la risposta e le aspettative dei cittadini alle strategie innovative proposte.
In natura molte piante producono e accumulano pigmenti appartenenti al gruppo degli antociani. Queste sostanze si originano dal metabolismo secondario e si ritrovano prevalentemente nei fiori e nei frutti, nei quali giocano un ruolo importante ai fini delle strategie riproduttive.Gli antociani, inoltre, sono attivamente coinvolti nella protezione dei tessuti dalle radiazioni UV. Per questi motivi gli antociani sono ampiamente distribuiti nel Regno vegetale. Le specie che più si prestano all’osservazione ed alla determinazione del loro contenuto sono quelle che portano a maturazione diverse tipologie di frutti, in senso lato (falsi frutti, polidrupe, poliacheni), e che spesso vengono raggruppate con il termine di frutta rossa. Le specie più diffuse e più importanti per contenuto sono la mora di rovo, il mirtillo americano, la ciliegia, il lampone, la fragola, il ribes, ecc. Tra le diverse proprietà chimiche potenzialmente interessanti in campo nutrizionale o farmacologico possedute dai polifenoli, si è posto negli ultimi anni l'accento in modo particolare sulla loro azione antiossidante ed antitumorale. Le colture in vitro di piante possono rappresentare un ottimo sistema per la produzione di tali composti, in quanto le condizioni di crescita possono essere modificate in modo da indurre degli stress, a cui le cellule rispondono aumentando la sintesi degli antociani. Allo scopo di accrescere la quantità di composti antocianici, diversi trattamenti fisici e chimici sono stati applicati a sospensioni cellulari di fragola (cv Don), mora (cv Kotata), lampone (cv Veten) e corbezzolo. I trattamenti utilizzati sono stati i seguenti: 1) temperatura (controllo 24°C, freddo 5°C), 2) luce (spettro visibile, controllo; blu e rossa, trattati); 3) cambiamenti del rapporto NH4NO3 (1:2 e 2:1) del terreno di coltura. La determinazione degli antociani è stata eseguita estraendo i composti dalle cellule omogeinizzate e rilevandone la quantità nel sopranatante mediante spettrofotometro. Cellule di melanoma murino della linea B16-F10 sono state trattate per 24, 48 e 72 ore con gli estratti ottenuti dalle sospensioni cellulari delle diverse specie. Nel caso dell’effetto antiproliferativo sulle cellule tumorali di melanoma, i risultati più significativi ottenuti, hanno dimostrato che gli estratti di campioni cresciuti sotto luce rossa riducevano la proliferazione tumorale del 49% circa, mentre quelli cresciuti sotto luce blu hanno ridotto la crescita del 53%. La percentuale di tossicità per questi due trattamenti si è mantenuta sempre al di sotto del 15%. Va rilevato che questa percentuale di tossicità è molto bassa anche rispetto ai tradizionali farmaci utilizzati nella cura dei tumori. Questi risultati confermano l’ipotesi che soltanto alcuni tipi di antociani possiedano attività antiproliferativa,: in quanto la frazione di antociani estratta dalle cellule allevate con la luce blu, pur essendo, talvolta, quantitativamente minore rispetto a quella ottenuta nelle cellule allevate con gli altri trattamenti, risulta molto più attiva nell’azione antitumorale.
Il germoplasma vegetale viene sempre più minacciato, pertanto la sua conservazione risulta di grandissima importanza. Mandorlo e melo sono specie, tra le piante d’interesse agrario, di grande importanza per le regioni temperate, e vengono propagate vegetativamente per mantenere i genotipi come piante intere in condizioni di campo. Tuttavia, le collezioni conservate in campo possono essere minacciate da cambiamenti climatici, attacchi di patogeni, incendi ecc. Pertanto, la crioconservazione degli apici meristematici può essere considerata una valida alternativa ai metodi tradizionali di conservazione. Tuttavia, gli apici per poter essere crioconservati, devono essere sottoposti ad una serie di trattamenti volti a diminuire il contenuto di acqua, la cui cristallizzazione potrebbe gravemente danneggiare le cellule. Questi trattamenti possono causare stress ed indurre o aumentare la sintesi di proteine come risposta a tali stress. Studi sono stati svolti per verificare cambiamenti nella sintesi proteica di varietà coltivate di melo e mandorlo sottoposti ai trattamenti per la crioconservazione. A tale scopo sono stati analizzati i pattern proteici di apici delle cultivar Supernova (mandorlo) e Annurca (melo) provenienti dalle collezioni dell’ Istituto Sperimentale per la Frutticoltura. Per verificare gli effetti dei trattamenti per la crioconservazione sul metabolismo cellulare sono state eseguite analisi sulle proteine estratte da apici di piante micropropagate (controllo) e da apici trattati con soluzioni ad alte concentrazioni di saccarosio, utilizzate nei metodi per la crioconservazione. I pattern proteici sono stati ottenuti mediante elettroforesi bidimensionale. Dal confronto dei pattern ottenuti con i campioni di melo trattati rispetto ai controlli sono emerse differenze, in quanto nei campioni trattati era aumentata la sintesi di alcune proteine, probabilmente coinvolte nella risposta agli stress.
La carenza di acqua potabile è storicamente considerata un problema dei paesi in via di sviluppo, ed è sicuramente annoverabile tra le cause di alta mortalità e scarso sviluppo di queste zone. Tuttavia questo problema inizia ad essere attuale anche nei paesi industrializzati, poiché si nota un generale impoverimento delle falde acquifere, con una conseguente minore disponibilità di acqua potabile. Per questi motivi, negli ultimi anni, si sta accentuando l’ interesse nei confronti delle metodologie per la salvaguardia ed il recupero delle risorse idriche, tra cui le acque inquinate. Una delle tecniche che riscuote maggiore interesse è la “Phytoremediation”, ossia l’uso di piante come agenti disinquinanti. Nel laboratorio di Botanica del Dipartimento di Biologia di questa Università, sono stati condotti una serie di esperimenti su alcune specie di briofite, macrofite acquatiche e piante d’ interesse agrario per valutare la loro risposta alla presenza di un eccesso di nutrienti, metalli pesanti e farmaci e la loro efficienza di rimozione di tali inquinanti.La rimozione dei metalli pesanti e gli effetti sulla crescita delle piante sono stati valutati in una varietà coltivata di Allium cepa L., in macrofite acquatiche (Azolla filiculoides Lam. e Lemna minor L.). I dati ottenuti hanno rilevato sia una diversa tolleranza delle specie nei confronti dei metalli saggiati, sia la capacità delle piante di assorbire ed accumulare questi ioni. Gli effetti tossici dei metalli pesanti sulle piante sono stati, inoltre, valutati saggiando l’emissione di etilene da stress e valutando l’ attività dell’ enzima fenilalanina ammoniaca-liasi (PAL) in piante trattate con metalli. L’emissione etilene è stata effettuata su piante di A. filiculoides e L. minor, trattate con Cu e Cd, mediante l’utilizzo della tecnica Fotoacustica Laser (LPA); mentre l’attività PAL.è stata determinata in piantine di muschio acquatico Leptodictyum riparium (Hedw.) esposte a diverse concentrazioni di Cd, Zn, Cr, Hg. I risultati mostravano un incremento dell’ attività dell’ enzima alle concentrazioni più elevate del metallo e solo dopo 24 ore dall’ esposizione. Questi dati sono interessanti perché nei muschi i composti fenolici non sono utilizzati per sintetizzare la lignina, per cui l’attivazione della PAL potrebbe incrementare la produzione di flavonoidi, di cui è nota l’attività antiossidante. Infine, le macrofite acquatiche Pistia, Lemna e Azolla. sono state saggiate per la depurazione delle acque reflue contenenti farmaci Alcuni risultati ottenuti in esperimenti condotti con questi generi presso i laboratori di Botanica e la Stazione di Ecologia Sperimentale ed Acquacoltura del Dipartimento di Biologia (Dott ssa. L.Migliore) hanno dimostrato e confermato la capacità depuratrice di queste macrofite dei farmaci ad azione antimicrobica.
L’obiettivo generale del progetto PHOBIA, che vede la partecipazione di 6 gruppi europei, è di sviluppare un concetto unitario di biofilm a fototrofi e di produrre un modello che ne descriva la struttura, la composizione in specie e le dinamiche di successione, i gradienti chimico-fisici e i processi fisiologici rilevanti analizzando campioni di biofilms provenienti da ambienti marini e d’acqua dolce. Infatti, per i biofilms che si sviluppano grazie alla presenza di microrganismi fotoautotrofi, in contrasto a quanto avviene per biofilms a componente esclusivamente eterotrofa, non sono disponibili modelli numerici predittivi. Ciò rappresenta una seria limitazione alla possibilità di applicazione di strategie basate sulla conoscenza dei biofilms “verdi”. Essi sono infatti importanti nel ‘biofouling’ degli oggetti immersi in acqua e possono deteriorare ogni tipo di materiale a cui aderiscono, ma sono altresì potenziali agenti per il bio-rimedio di aree contaminate da inquinanti e sono noti esempi della loro capacità di degradare il petrolio. A causa della estensiva produzione di esopolisaccaridi possono contribuire alla formazione e alla stabilizzazione sia dei sedimenti marini e d’acqua dolce sia dei suoli. Il progetto si incentra sulla costruzione di prototipi di incubatori che consentano la crescita sperimentale dei biofilms fototrofi in laboratorio e, di conseguenza, l’analisi di tutti i parametri che ne controllano lo sviluppo e la crescita. La distribuzione specifica dei microrganismi dominanti nella formazione del biofilm, le fasi iniziali di adesione degli organismi al substrato e l’incremento di biomassa vengono monitorate con l’ausilio di una varietà di tecniche di microscopia e le immagini ottenute, in particolare con l’uso della microscopia confocale, vengono analizzate e quantificate con software sviluppati appositamente. I gradienti di luce, temperatura, ioni e gas vengono misurati con tipi diversi di microsensori. Fotosintesi e respirazione, stress ossidativi e produzione di sostanze esopolimeriche vengono quantificate con approccio multidisciplinare. La comunità microbica viene, inoltre, caratterizzata grazie alla determinazione di pigmenti e acidi grassi come ‘fingerprints’ e all’impiego di metodi di ecologia e filogenesi molecolare. L’insieme delle informazioni così ottenute viene integrata per sviluppare un modello concettuale basato sulle ANN (artificial neural networks), indispensabile per l’utilizzo e/o il controllo dei biofilms a fototrofi e lo sviluppo di future applicazioni.
Il Camerun ha ricchezza floristica di 7000 Fanerogame di cui 500 considerate piante medicinali e l’80% della popolazione, in prevalenza rurale, cura le varie patologie con tradizionali medicamenti derivanti da piante. I principi attivi delle piante medicinali sono metaboliti secondari che nelle piante svolgono un ruolo nella difesa contro predatori e patogeni; forniscono dei vantaggi riproduttivi alla pianta perché attraggono gli impollinatori o sono implicati nella dispersione dei semi; nel caso di sostanze tossiche, possono determinare un vantaggio competitivo. I prodotti naturali sono principalmente terpenoidi, alcaloidi e composti fenolici. Con più di 4500 differenti composti i flavonoidi costituiscono una enorme classe di fenoli naturali. I floavonoidi svolgono una funzione elettiva nelle interazioni pianta-animale, sono responsabili dei colori di molti fiori e frutti, e proteggono le piante dalle radiazioni UV. Diversi flavonoidi sono stati studiati come agenti di protezione della salute, come modulatori di risposte immunitaria e infiammatorie e recentemente anche nella prevenzione del cancro. Esempi di questo gruppo sono la quercitina con attività antiistaminica e potenziale agente anticancro; il resveratrolo del vino con attività antiossidante e protettivo contro le malattie cardiovascolare e antimutageno. Solo negli ultimi anni i Governi africani hanno cominciato a riconoscere l’importanza dei “guaritori tradizionali” in quanto conoscitori di un sistema con una potenzialità inestimabile e integrare il lavoro di essi con le pratiche della medicina occidentale. A partire dall’anno accademico 2003/2004, l’Università di Roma “Tor Vergata” ha attivato il Master di I livello “Trasferimento tecnologico in biomedicina per i paesi in via di sviluppo”, dedicando una sezione particolare alla caratterizzazione di piante medicinali africane. In particolare, attraverso un progetto sponsorizzato dalla Farmacap (Agenzia delle Farmacie Comune di Roma) sono in corso studi di caratterizzazione di composti attivi presenti nella corteccia di Enantia chlorantha, foglie di Carica papaya e di Sida acuta. A seguito di analisi condotte in HPLC e spettrometria di massa sono stati identificati composti fenolici e alcaloidi sui quali si stanno effettuando prove di attività su linee cellulari. Parallelamente si sta procedendo alla individuazione delle piante mellifere africane e ad una caratterizzazione delle proprietà nutrizionali del miele africano. Questo ai fini di utilizzare il miele come attività sostenibile per un miglioramento dello stato nutrizionale di popolazioni africane vulnerabili (malati di AIDS, tubercolosi, malaria) in modo da rendere più efficaci le specifiche terapie.
Ricerche sulla biologia riproduttiva e DNA
di Iridaceae
(M. Grilli Caiola, R.. Zanier)
Sono oggetto di ricerca i meccanismi che presiedono al riconoscimento e allo sviluppo del gametofito maschile nel pistillo di specie spontanee e coltivate del genere Crocus ed Hermodactylus della famiglia delle Iridaceae. I due generi si distinguono soprattutto per lo stilo che in Crocus è lungo alcuni cm, mentre in Hermodactylus è molto breve. Poiché allo stilo viene un ruolo chiave nel riconoscimento e accettazione o rifiuto del tubetto pollinico, il confronto del comportamento del polline nei due generi offre numerose informazioni circa il meccanismo della compatibilità e incompatibilità in queste piante. Lo studio del polline di C. sativus e di quello delle due specie C. thomasii e C. cartwrightianus, diploidi fertili a fioritura autunnale, ritenute come possibili progenitori di C. sativus, nonché di altre specie di Crocus spontanee nell'area laziale, a fioritura autunnale o primaverile, hanno fornito utili indicazioni riguardo alla possibilità di discriminare tra specie auto- e allofertili e specie strettamente allofertili. Nei meccanismi che regolano l'interazione polline-stimma prima e tubetto pollinico-stilo poi sembra fondamentale il ruolo del calcio. A tale scopo sono state messe a punto delle tecniche di determinazione quantitativa dello ione nei tessuti mediante microsensori iono-selettivi e la sua localizzazione a livello intracellulare mediante microscopia elettronica a trasmissione con ESI/EELS. Nell'intento di individuare progenitori di Crocus sativus è stato analizzato il DNA di Crocus diploidi autunnali dell'area mediterranea mediante citofluorimetria a flusso e RAPD. I risultati conseguiti confermano la maggior vicinanza di C. cartwrightianus a C. sativus.
Partendo da modelli simbiotici tra piante e batteri rizosferici e piante ed endofiti noti in natura nonché in sistemi sperimentalmente indotti, le Università afferenti al progetto hanno iniziato l’ analisi di un' associazione indotta tra una solanacea di grande interesse colturale, il pomodoro, un fungo micorrizico AM (Glomus mosseae), batteri azotofissatori o batteri in funzione di biocontrollo contro patogeni della pianta. Scopo del progetto è di verificare in un tale biosistema le interazioni fra le varie componenti che per le loro diverse potenzialità concorrono a dare un organismo autotrofo per il carbonio e l’azoto e protetto contro patogeni. La pianta scelta è pomodoro (Mill.), coltura di interesse commerciale e industriale nel nostro paese e della quale è nota la capacità di associarsi a funghi micorrizici AM del genere Glomus oltre che di ospitare una varia microflora rizosferica ed endofitica. Il fungo AM avrebbe la funzione di veicolare nella pianta sia i batteri esterni sia quelli interni alle ife. I batteri associandi sono Acetobacter diazotrophicus, Azospirillum brasilense, Herbaspirillum seropedicae, Burkholderia sp., noti per la loro capacità di fissare azoto atmosferico in associazione con graminacee spontanee e coltivate e con solanacee (patata). L’utilizzazione di più gruppi batterici, Lycopersicon esculentum anziché uno solo, risponde a fini funzionali, cioè di un più probabile successo di colonizzazione della pianta. Sul sistema pomodoro-fungo AM, verrà separatamente sperimentato l’effetto di pseudomonadali fluorescenti come biocontrollori dell’azione del fitopatogeno Rhizoctonia solani. I risultati positivi di questa associazione a tre vie consentirà di sperimentare l’addizione di pseudomonadali fluorescenti al sistema pomodoro-fungo AM-batteri azotofissatori. L’analisi dei sistemi simbiotici a più componenti precedentemente studiati avevano indicato alcuni meccanismi comuni per la diffusione e localizzazione del simbionte, per la regolazione della nitrogenasi, la cui attività è inibita da elevate concentrazioni di O2 e di azoto combinato nel mezzo, e di mucillagini dove avvengono scambi di prodotti tra pianta e simbionti, un’ aumentata produzione di acido 3-indolacetico (IAA) che stimola la crescita della pianta. In questi anni si è iniziato lo studio delle vie di penetrazione, diretta e indiretta, degli endofiti; l’organizzazione strutturale e funzionale dei siti di localizzazione degli endofiti; le variazioni morfogenetiche indotte sull’apparato radicale da parte dei batteri e relazione con la funzione di protezione del patogeno; la produzione di IAA in colture batteriche.
Stress ossidativo in Microcystis aeruginosa
(M. Grilli Caiola, A. Canini, D. Leonardi)
Microcystis è un cianobatterio responsabile di fioriture in acque dolci e salmastre. Durante la fioritura le cellule affiorano in superficie e sono sottoposte a irradianze elevate tali da determinare stress fotossidativi con successiva degenerazione e morte delle cellule. In questo studio il fenomeno della fioritura è stato ottenuto in colture di Microcystis sottoposte a irradianze luminose 10 volte superiori a quelle usate per la crescita. Le cellule in fioritura mostrano un incremento di 5 volte dell'attività della Fe-superossido dismutasi (Fe-SOD) rispetto alle cellule di controllo. Nelle cellule all'inizio della degenerazione l'attività diminuisce enormemente ed è assente nelle cellule completamente degenerate. La localizzazione intracellulare dell'enzima mediante immunooromarcatura al microscopio elettronico mostra che l'incremento nelle cellule in fioritura è presente soprattuto sulle membrane tilacoidali. Nel cianobatterio non sono state evidenziate attività catalasica e perossidasica, mentre potrebbe essere presente una forma mista già trovata in altri cianobatteri e identificata come catalasi-perossidasi. Si sta cercando di capire se la Fe-SOD viene inattivata da carenza di enzimi coinvolti nella detossificazione dell'H2O2 oppure da una carenza di ferro. Infine si sta studiando il ruolo delle deidratasi (aconitasi, fumarasi, glucosio 6P deidrogenasi,) enzimi a centro [4Fe-4S] che reagendo con i radicali superossidi sono indirettamente correlati con il danno cellulare.
In questa ricerca vengono analizzate le variazioni strutturali e ultrastrutturali di semi di Phaseolus vulgaris, Cicer arietinum, Castanea sativa e Lycopersicon esculentum seguito di differenti trattamenti ai fini alimentari. Nei semi di fagiolo variazioni nel contenuto di calcio a seguito di vari trattamenti sono state correlate con la presenza o assenza di cristalli contenenti ossalato di calcio localizzati nello strato cristalligeno del tegumento. è in fase di studio la localizzazione di calcio nei tessuti di riserva.
Le ricerche floristiche si sono svolte nel Comune di Cervara di Roma e Camerata Nuova. Nella stessa area sono state censite e studiate specie di interesse officinale.
I rilevamenti floristici sono stati documentati e utilizzati per la preparazione di materiale divulgativo e didattico sulla flora del Parco.
Personale Tec/Amm
Tecnico D4
Tecnico D1
Tecnico C4
Tecnico C3
Annamaria Della Libera
Tecnico B4